Ryan Gosling non avrà la leggerezza di Gene Kelly ed Emma Stone la grazia di Ginger Rogers ma La La Land è un musical che non fa rimpiangere i tempi belli del musical.
Della grande Hollywood quando il cinema era un luogo magico dove tutto poteva accadere. Il riferimento è ai grandi del passato. West Side Story, Il mago di Oz , Funny Face con Audreay Hepburn e cantando sotto la Pioggia. Pioveranno Oscar, dopo le 14 candidature da record, sette Golden Globe, il trionfo ai Bafta di Londra e una Coppa Volpi a Venezia per la Stone.
Siamo dalle parti del capolavoro, ma l’impressione è che non sia un caso. Dopo Whiplash, candidato nel 2015 come “Miglior Film e Sceneggiatura non originale”, e vincitore di tre statuette “minori” (Montaggio, Sonoro e Attore non protagonista), il 32enne (!) regista Damien Chazelle ha dato un nuovo senso al genere, partendo da quanto già visto in decenni di Cinemascope ma evolvendo stile e contenuto all’immaginario contemporaneo.
Vintage e post moderno, nostalgia e videoclip: tutto ciò che era caratteristico nella vecchia Hollywood torna per colpire il pubblico delle multisale abituato ai film sull’i-Phone. Con energia e ritmo. Musica, ballo, canzoni ed emozioni. E una storia che si lascia seguire ma che resta sulla sfondo dell’incantevole quadro multicolor. Che forse anche stona un po’, ma non è questo il punto.
L’importante è sognare con la storia di un pianista jazz e un’aspirante attrice che si incontrano, s’innamorano e si odiano. Del loro tira e molla da manuale. A Los Angeles, dove ognuno spera di diventare una stella e molti lavorano nel cinema o in quello che ci gira intorno.
Il film si capisce essere anche un tributo alla città, alla sua tradizione dei Drive In, delle auto incolonnate in tangenziale, dei grandi spazi (un po’ squallidi). Della Gioventù bruciata di James Dean citata e celebrata con il ritorno sulle location originali. Di quegli anni ruggenti in California.
A New York sarebbe stato più glamour? Forse sì, ma è opinione personale. Di sicuro Chazelle gioca con il colore, i set, i costumi, puntando su movimenti di macchina impensabili con le cineprese monumentali di un tempo. Di memorabili piani sequenza che deliziano i fan dell’esercizio di stile e non solo.
Nel segno della fluidità, dello svolazzo, proprio come se la voglia di tenerezza dei due protagonisti si traducesse in un insieme di magia.
Di colori brillanti, di affetti ed effetti speciali. Scelte di look precise che trasformano lo zucchero della trama in miele per gli occhi. Il resto lo fanno le canzoni originali a ispirare tutta una serie di performance. Oltre ai musical, nelle note di regia spicca un riferimento che non t’aspetti: Toro scatenato di Martin Scorsese. «Il film con De Niro poneva una domanda: cosa succede se metti la macchina da presa all’interno di un ring? E io ho voluto mettere la macchina all’interno del ballo, e dare così l’impressione che tutto si svolga intorno a chi guarda», ha spiegato Chazelle.